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Pellegrinaggio come scuola di vita

“Siamo tutti pellegrini”, ricordavo il mese scorso, alla vigilia del pellegrinaggio a Lourdes organizzato dalle diocesi di Cuneo, Fossano e Saluzzo.

Non intendo fare bilanci, anche perché queste iniziative oltre alla dimensione collettiva, che indubbiamente è stata molto positiva, presentano vissuti molto diversi, legati all’esperienze di ciascuno. Mi pare anzitutto doveroso un sincero ringraziamento a chi si è preoccupato del buon esito del pellegrinaggio, in particolare alle associazioni Unitalsi e Oftal e all’Ufficio diocesano pellegrinaggi: si tratta di molte decine di persone che con responsabilità diverse hanno curato gli aspetti organizzativi e reso possibile un’esperienza spirituale ordinata e serena.

Vorrei aggiungere qualche considerazione. Davvero Lourdes immerge in un mondo “altro”. Quando si varcano i cancelli che immettono nella zona del santuario, si entra in una realtà ben diversa da quella che si lascia alle spalle. Schematicamente cerco di cogliere alcuni aspetti di questo “mondo”.

1. Anzitutto la folla, la gente, particolarmente numerosa in questo anno giubilare. Ci si sente parte di un popolo numeroso, proveniente da tutti gli angoli della terra; in certi momenti questo popolo diventa comunità, come nella Messa internazionale nella basilica sotterranea e nelle processioni eucaristica nel pomeriggio e mariana, la sera, illuminata dai flambeaux. E’ una bella esperienza di cattolicità, di universalità.

2. Poi la preghiera. Quella più personale davanti alla grotta oppure nella tenda e nella cappella dell’adorazione e quella comunitaria nelle celebrazioni che di continuo occupano le diverse chiese e il cammino della via crucis. Già cinquant’anni fa avevo sperimentato Lourdes come scuola di preghiera. Mi pare che anche oggi per molti sia un luogo di iniziazione al silenzio, all’invocazione, alla contemplazione.

3. I segni. Alcuni in modo particolare: la luce (le migliaia di ceri accesi, i flambeaux della processione), l’acqua (delle fontane e delle piscine), il toccare, il camminare. Personalmente sono stato impressionato dalle piscine: non si tratta semplicemente di toccare l’acqua, ma di immergere totalmente il proprio corpo, con un rito che dice purificazione e soprattutto richiama l’immersione del battesimo. Per secoli il sacramento dell’iniziazione cristiana è stato celebrato con un rito di immersione totale nell’acqua, evocando la morte e la risurrezione in Cristo e con Cristo.

4. I malati, non nascosti, ma al centro dell’attenzione: i primi posti sono sempre riservati a loro. La sofferenza, sia quella fisica che quella morale, a Lourdes è una grande protagonista. Si chiede di guarire, in qualche caso si chiede di capire, ma soprattutto si chiede di accettare, di sopportare, di condividere. Penso che i malati siano grandi maestri di umanità e i molti giovani e giovanissimi (nel nostro pellegrinaggio erano presenti anche le “giovani proposte”, ragazzi e ragazze di 13-15 anni) abbiano potuto partecipare a preziose lezioni di vita.

5. La Vergine. Ovviamente è lei al centro, ma soprattutto quest’anno ho colto il continuo rimando che lei fa verso suo Figlio. Si può dire che in realtà al centro c’è l’Eucaristia e indubbiamente i momenti più solenni del pellegrinaggio sono stati la Messa internazionale e la processione eucaristica. Quest’anno poi venivano proposte le quattro tappe del Cammino del Giubileo che contemplavano la Grotta delle apparizioni, ma prima ancora la chiesa parrocchiale col fonte battesimale e il “cachot”, la poverissima stanza in cui abitava la famiglia Soubirous, per poi concludersi all’oratorio dell’ospizio dove Bernadette fece la Prima Comunione. Come a dire che l’itinerario della vita cristiana prevede molti passi e che l’esperienza straordinaria dell’apparizione si accompagna a quella ordinaria della vita cristiana.

Il pellegrinaggio a Lourdes dura pochi giorni e termina presto. Dobbiamo trarne saggezza e fiducia per continuare il pellegrinaggio della vita quotidiana.

Giuseppe Guerrini

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