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Riemerso a #Lourdes dall’abisso della guerra

Oleksandr Shvetsov, veterano di guerra (primo a sinistra), con i soldati di disabili che accompagna nei “pellegrinaggi della speranza” – Shvetsov

Ucraina. «Io, mutilato in Donbass, sono riemerso a Lourdes dall’abisso della guerra»

L’ex soldato Oleksandr ha perso una gamba in battaglia. Poi l’alcol e la droga. «Ora organizzo pellegrinaggi della speranza per i militari disabili». La para-maratona per aiutare gli ospedali

«Sì, sono un credente e prego ogni giorno. Ma, a essere sinceri, non sono un modello a cui ispirarsi». Scherza Oleksandr Shvetsov quando confida di ritenersi un cristiano “eterodosso”. Ma non toccategli Lourdes. Perché deve al santuario mariano francese la sua resurrezione: dal dramma di una gamba amputata, dall’abisso della depressione, dal «tunnel dell’alcol e della droga in cui ero sprofondato una volta rientrato a casa senza più l’arto», racconta. Oleksandr è un ferito di guerra. Ha perso la gamba al fronte, combattendo contro i militari russi nella regione di Lugansk. Non nei diciannove mesi di invasione su vasta scala, ma nel 2014 agli albori del conflitto nel Donbass che dice di un’Ucraina in trincea da nove anni.

Oggi il veterano 38enne che vive a Zhytomyr è il Samaritano dei mutilati di guerra. Un medico dell’anima che ha scelto di dedicarsi a organizzare “pellegrinaggi della speranza” per gli ex soldati, come quello che «a Lourdes mi ha restituito alla vita», afferma. Con la mente torna al suo arruolamento. Dettato più dalle circostanze che da un’autentica convinzione. «Dovevo vendere un appartamento per ampliare quello di mia madre e avevo necessità di un documento del distretto militare. Quando mi sono presentato, mi hanno invitato a entrare nell’esercito. Accanto a me c’erano altri ragazzi ai quali è stato chiesto se erano pronti: hanno risposto di sì. Anch’io non potevo rifiutare e ho accettato». Si è ritrovato nella 30ª Brigata meccanizzata. Aveva 29 anni. «A un certo punto i nostri comandanti ci hanno mandato in prima linea alla periferia della città di Lugansk, nell’insediamento di Vesela Hora. Non avevamo ancora avuto il tempo di costruire le trincee quando il nemico ci ha attaccato. Dopo un’ora e mezzo di scontri a fuoco, è volato qualcosa vicino a me. Ho provato ad alzarmi ma le gambe non mi reggevano». Oleksandr era stato colpito. «I compagni mi hanno trascinato dietro. Lì i medici ci stavano già aspettando: oltre a me, c’erano molti feriti». Quindi la corsia nell’auto sanitaria e poi il volo in elicottero verso l’ospedale militare di Kharkiv «dove è avvenuta l’amputazione della gamba».

Il soldato Shvetsov era salvo ma sfregiato: nel corpo e nello spirito. Per mesi ha rifiutato di indossare la protesi. «Non accettavo quello che mi era successo. Ho iniziato a bere. Poi sono arrivate le anfetamine. Pensavo che mi avrebbero aiutato a livello psicologico. Era un’illusione». Finché non gli hanno offerto di andare a Lourdes. «Prima di partire avevo sempre un fortissimo mal di testa ed ero molto preoccupato. Però, quando nel santuario ho visitato le piscine, il problema è scomparso». Oleksandr non parla di guarigione o di prodigio. «Sono pragmatico – aggiunge -. Ma da quel momento mi sono detto che anche i miei ex commilitoni dovessero provare ciò che avevo provato io. Così è nata l’idea di accompagnarli a Lourdes». E non solo ai piedi dei Pirenei ma anche in altri luoghi per l’anima: da Cracovia al Mar Rosso. Ha chiamato il suo progetto “Hero Bus” perché tutto è cominciato da un pulmino. «Lo avevo a disposizione. C’erano 18 posti. Tuttavia non avevo i soldi sufficienti per il carburante e la sistemazione in albergo della prima comitiva di veterani disabili che volevo portare in Francia». E qui un’altra grazia. «Ho fatto un post che ha ricevuto migliaia di risposte. E un mecenate, Yuriy Kogutyak, ha accettato di pagare tutto».

Un’avventura che con l’aggressione del febbraio 2022 si è allargata. «Se nel nostro gruppo di congedati c’è chi ha deciso di riprendere un’arma in mano – spiega Oleksandr – io mi sono mobilitato per raccogliere fondi a favore dell’esercito anche grazie al risalto che sui social hanno avuto i nostri viaggi. Andavano colmate le grandi lacune che le forze armate avevano». Ecco il varo della para-maratona dei mutilati. «Con un compagno che ha perso una gamba e un braccio, abbiamo percorso a ottobre 120 chilometri. Obiettivo: comprare un endoscopio per un ospedale militare di Kiev. Ebbene, alla fine l’intero kit ci è stato regalato da una società». Oleksandr ha ancora ben presente l’esperienza della battaglia. «Al fronte ci unisce l’amicizia insieme con l’obiettivo di proteggere le nostre famiglie e il Paese». Una nazione che il militare attivista già immagina in pace. «Lo desideriamo da 32 anni, ossia da quando abbiamo riconquistato l’indipendenza. Non vedo l’ora di vedere i bambini che giocano felici nei parchi senza più la disumana paura delle bombe», sospira.

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