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Lourdes è un dono

Nel 2003 è iniziata la mia esperienza e l’ho intrapresa come si fa un viaggio e non come un pellegrinaggio.

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Ma Lourdes non è un caso, rappresenta l’inizio di un cammino….

Almeno così è stato per me.

Un cammino lento che si arricchisce di anno in anno, soprattutto attraverso i volti dei malati che animano il treno bianco.

Già il treno bianco, se ne sente parlare, ma mai mi sarei aspettata che fosse così…

Tutti pensano che stare con i malati sia una cosa triste, beh allora venite su questo treno, vi accorgerete che invece è una festa, una grande festa per queste persone che sono meno fortunate di noi.

L’associazione che porta i malati a Lourdes è l’Unitalsi ed io sono fiera di farne parte..

C’è un sacerdote sul treno della mia sezione, quella Romana – Laziale, che chiama i malati “gli amici delle prime file”, perché loro con le carrozzine prendono i primi posti durante le cerimonie, ed è vero quei sorrisi e quei volti ti rimangono dentro per sempre.

In 6 anni di pellegrinaggi ho incontrato tantissima gente di ogni paese, cultura, e ho sentito cantare l’Ave Maria in molte lingue: Lourdes un piccolissimo paese sui Pirenei è riuscito a raccogliere milioni di pellegrini ogni anno.

La domanda che mi viene spesso posta quando parto è “che ci vai a fare? –

“che cosa ti spinge a trascorrere le ferie con i malati?”

Partiamo dall’inizio.

Io non so darmi una spiegazione razionale che possa farmi comprendere cosa mi ha spinto la prima volta a salire sul treno, so solo che per una serie di fattori (amici e conoscenti che partivano) ho deciso di fare questo pellegrinaggio.

Credevo fosse un pellegrinaggio come un altro fatto di messe, preghiere comunitarie, adorazioni eucaristiche, ma non avevo fatto i conti con lei….

La Bianca Signora della Grotta… come l’ha definita Bernadette.

Già. L’incontro con Maria è un incontro unico, che ti tocca nel profondo, proprio in quel profondo del cuore che solo Lei conosce e che spesso noi non facciamo vedere al resto del mondo.

È un incontro con una mamma, una mamma che ci ha sempre amato e che ci amerà sempre e soprattutto a cui non possiamo nascondere niente.

Lei tutto sa e tutto conosce e l’acqua e la grotta rappresentano un momento di profonda emozione.

Ogni volta che ci vado e alzo lo sguardo a Lei, mi sento amata, protetta, compresa e non vorrei mai staccarmi da là.

Quando si è sotto la Grotta, il fiume che scorre, il Gave, diviene silente, non si sentono rumori, solo preghiere sussurrate da tutte quelle persone che come me invocano la Bianca Signora.

Si susseguono file interminabili di pellegrini e malati che toccano la roccia e devono l’acqua della fonte.

Lourdes ha la sua storia.

La piccola Bernadette, era povera, ignorante e proprio a lei la Madonna ha deciso di manifestarsi, facendole il dono dell’acqua e dichiarandole di essere l’Immacolata Concezione. Queste parole fecero cadere tutti i dubbi sulle apparizioni e pian piano crebbe in modo smisurato il culto a Maria.

L’acqua ha guarito molte persone nel corso di questi 150 anni di devozione, ma sono molto pochi i miracoli riconosciuti.

Non entro nel merito, non sono un medico, ma quello di cui sono sicura è che i miracoli della nostra Mamma Maria sono smisurati: perché Ella incontra il cuore di ogni suo fedele e cambia inesorabilmente il cammino di ogni uomo che prega ai suoi piedi.

Questa è una cosa di cui sono estremamente convinta e che ho percepito non solo dentro di me, ma anche nelle persone che mi sono accanto.

Sono passati 150 anni dalle prime apparizioni eppure la fila interminabile di devoti non si ferma mai durante tutto l’anno.

Spesso mi sono chiesta il perché e non so dare una risposta certa.

So solo che prende quasi una malattia, la malattia di Lourdes, io la chiamo.

Nel senso che una volta che ci si va, poi ogni anno si sente la stessa esigenza: quella di partire di nuovo.

A sei anni dal primo treno, appena arriva il momento di partire sento il cuore che si apre… non vedo l’ora di arrivare alla Stazione Ostiense e vedere il treno.

Noi sorelle di assistenza abbiamo una divisa bianca col velo ed una croce, sembriamo delle crocerossine e spesso se ci incontriamo senza divisa neppure ci riconosciamo!

Quei veli bianchi rappresentano non solo un segno di riconoscimento, ma una divisa che sta ad indicare che noi non stiamo lì per caso, ma per servire.

Il servizio è molto particolare, lì ci dimentichiamo di essere Alessia, Matilde, Giovanni, Mauro, ma si diventa sorelle e fratelli a disposizione di chi è meno fortunato di noi.

La festa, la musica e le preghiere sul treno scandiscono le quasi 24 ore di viaggio e non si sente né la fatica né le ore di attesa per solcare il suolo di Lourdes.

Ore di attesa, perché il cuore batte forte, batte forte.

Non ci sono lacrime, ma solo sorrisi e se si cammina tra i vagoni si incontrato anche i nostri malati che sorridono, perché sanno di essere il centro dell’attenzione del viaggio!

Io, con la mia immancabile chitarra, insieme agli altri ragazzi cantiamo… anzi stoniamo, ma lo facciamo soprattutto per loro… i nostri amici delle prime file.

La gioia che si respira è contagiosa e piano, piano arriva a tutti!

Non si sente la stanchezza…

Certo dormire nelle cuccette non è il massimo… il mangiare è precotto eppure tutto scorre liscio.

In ogni vagone ci sono i volontari ed ognuno di noi ha un compito.

C’è chi si occupa come me di preparare i sacchetti per il pranzo, chi fa le pulizie, chi apre le cuccette, chi porta il cibo nei vari vagoni, chi sta alla radio e da tutte le informazioni e chi fa la segreteria.

È una vera catena di montaggio per far funzionare il viaggio nel migliore dei modi.

E poi c’è il vagone più duro quello con i malati più gravi e poi medici ed infermieri a disposizione di tutti…

Si attraversa l’Italia e noi che partiamo da Roma, attraversiamo la Costa Tirrenica fino a Ventimiglia, confine con la Francia.

Quando il treno arriva a Tolosa, dove sostiamo per circa mezz’ora, sento una certa inquietudine… non vedo l’ora di arrivare…

Il paesaggio cambia e dai finestrini già si cominciano a vedere i Pirenei che ci portano a Lourdes.

Qualcuno alla radio mette l’Ave della nostra Madonna e mi immagino la grotta che presto rivedrò.

Alla stazione veniamo sommersi dalla raccolta dei bagagli, i pulmann per gli alberghi e gli ospedali e lì inizia tutto…

I giorni scorrono velocissimi, presi dal servizio, cerimonie… alzate la mattina all’alba e mai un minuto senza sedersi fino alla sera tardi, quando ci ritroviamo alla grotta insieme per pregare.

Una cosa che provo sempre è il non voler lasciare la Grotta la sera.

Sarà il buio, ma mi sento abbracciata da Maria ed è come se fossi in intimità con lei e ci fossimo solo noi due e potessimo finalmente parlare.

Delle varie apparizioni Bernadette dice che la Madonna era sorridente e non severa, ed è così che la immagino.

Vorrebbe sgridarmi per tutti gli errori che ho commesso e commetto ogni giorno, ed invece mi accoglie e mi scalda col suo abbraccio di mamma.

I giorni, è vero, sono velocissimi, i piedi fanno male per tutte le “scarpinate”, io le chiamo, tra albergo, ospedale, grotta con le carrozzine eppure c’è una luce particolare in ognuno di noi.

Quella luce non è nostra, è l’amore di Maria che ce la da e ci rende disponibili agli altri.

Il momento a cui anelo, ogni anno, è la Via Crucis. Il personale di assistenza partecipa a quella della mattina alle ore 6.00 per essere pronto al servizio, ed è molto toccante.

Sarà che è una salita faticosa con una strada sterrata e le fiaccole illuminano appena le statue di bronzo che la compongono.

Saranno le parole del nostro assistente regionale, ma io ne esco sempre con due lacrime tenute a stento.

La stazione a cui sono più legata è la settima, Gesù cade per la seconda volta.

Vi chiederete perché?

Perché c’è Gesù che dopo aver incontrato la Madre, il Cireneo che lo aiuta, la Veronica che asciuga il suo volto, cade una seconda volta.

La statua lo rappresenta con il volto verso il cielo a chiedere una mano a Dio.

Ebbene è la stazione a cui io faccio sempre riferimento, quando mi sento giù.

Allora alzo gli occhi al cielo e so che c’è un Padre che non ci abbandona mai…

E così che fa Gesù…proprio lui che è il figlio di Dio, sopporta tutto quel dolore per darci la salvezza.

Un’altra stazione molto commuovente è la deposizione di Gesù, la 14° stazione.

Proprio in un incavo della roccia della montagna, le statue sono poste in modo tale che il corpo di Gesù tenuto in braccio da Giuseppe d’Arimatea e gli altri viene deposto nel sepolcro. Gli occhi di Maria e della Maddalena sono tristi e San Giovanni piange…

Ma non è finita. Seguirà la Resurrezione. Fulcro del cristianesimo.

La processione eucaristica è un altro momento estremamente toccante.

Una processione lunghissima, con i nostri malati e il Santissimo che viene portato in mezzo a loro.

Si parte dalla chiesa di Santa Bernadette per arrivare alla Basilica sotterranea di San Pio X, attraversando l’esplanade..

Tutto si ferma a Lourdes. Alle 0re 16.30 di ogni giorno si ripete questo rito, che coinvolge tutti i pellegrini giunti al santuario.

E poi come non parlare della processione aux flambeaux, notturna con quelle candele accese che vengono alzate quando il coro intona l’Ave Maria.

È un fiume interminabile di gente che compone, all’arrivo alla basilica inferiore, una vera “emme”. In tutte le lingue viene recitato il rosario che accompagna il flambeaux e tutti pregano allo stesso modo la nostra cara mamma.

Il primo anno che sono andata a Lourdes non ho potuto partecipare al flambeaux, causa un temporale fortissimo che si trasformò in neve durante la notte e tutti mi dicevano che avevo perso qualcosa. Ed era vero. Questa processione ha qualcosa di speciale, non so spiegarlo a parole, si deve provare sulla propria pelle.

Credere che Lourdes sia un semplice santuario è errato. Lourdes rappresenta la testimonianza concreta dell’amore di Dio agli uomini.

Questo lo si vede nelle piscine, dove ogni giorno migliaia di malati e pellegrini si immergono completamente nell’acqua scaturita dalla fonte della Madonna, che Bernadette trovò ai pieni della grotta.

Una fonte che ha sempre guarito tanti fedeli che si recavano alla grotta e che ancora oggi guarisce.

Non sappiamo se si trattino di veri miracoli, lì sarà la Chiesa a statuire in merito, sta di fatto che il bagno rappresenta un atto di affidamento completo a Maria.

Ci si immerge completamente nudi, avvolti di un telo in un’acqua freddissima che spazza via tutti i nostri timori e tutte le nostre sofferenze, si esce da lì quasi rigenerati.

In un attimo io mi sono sempre rivestita, con tutta la divisa da sorella d’assistenza, come se l’acqua non bagnasse, ma si togliesse con un semplice tocco della mano.

È possibile prelevare dell’acqua dalle fontanelle prima della grotta e c’è una fila interminabile sempre, ad ogni ora del giorno.

Questo è sicuramente il fascino di Lourdes.

Lo scorso anno è stato l’anno giubilare. Devo dire con estrema schiettezza, un gran caos di gente.

Non avevo mai visto tutti quei pellegrini, messe ogni ora alla grotta, file fino alle tre di notte…

Spettacolare, lo definirei.

La messa internazionale dei giovani, davvero bella e poi il cammino giubilare.

Dalla chiesa parrocchiale, al Cachot, alla grotta fino all’Hospice.

Quattro luoghi fondamentali per Bernadette: rispettivamente battesimo, vita con la famiglia, incontro con Maria e Prima Comunione.

Anche qui, che ve lo dico a fare, file di ore per guardare i luoghi di vita di questa pastorella che poi diventerà santa.

Il suo corpo incorrotto si trova a Never dove è morta e viene custodita gelosamente dalla Suore della Carità, sue consorelle.

Infatti Bernadette lascerà Lourdes per intraprendere, senza mai ritornare nel suo paese d’origine, neanche per la morte dei suoi genitori, il cammino religioso.

Il giubileo ha visto anche la realizzazione del Treno Bambini.. un progetto che ogni anno noi, dell’Unitalsi Romana-Laziale, realizziamo a Loreto.

Con questo treno, vengono portati i bambini malati con le loro famiglie, fratelli, madri e padri, gratuitamente e si vive con loro e soprattutto per loro, il pellegrinaggio come una favola.

Noi volontari abbiamo solo una maglietta blu ed un cappellino (abbandoniamo i veli e la divisa “d’ordinanza”) per giocare con questi bambini.

Dalla processione eucaristica, alle altre cerimonie, tutto si svolge con noi volontari mascherati da papaveri, orsi ed ogni persona, compresi i bambini, hanno dei soli di carta colorata con cui battere le mani e colorare ogni cerimonia.

Ogni hanno una favola differente, da Cenerentola, Mary Poppins, a Peter Pan per far pregare, giocando, i bambini.

Io credo una cosa, non c’è cosa più bella del sorriso di un bambino!

È questo lo scopo del pellegrinaggio.

Il 2008 ha visto Lourdes trasformarsi con i colori dell’arcobaleno ad indicare che ogni bambino di ogni posto del mondo ha festeggiato Bernadette e la sua Bianca Signora.

Cerimonie anche qui a misura di bambino, con la maschera del cane fedele di Bernadette, clown di ogni tipo e giochi che hanno incantato la prateria.

Una grande festa per questi nostri piccoli amici.

Ma Lourdes non è solo il racconto di come si svolgono le cerimonie, ma è fatta di tante piccole storie che il cuore di ognuno ha dentro di se.

Nell’ultimo pellegrinaggio mi venivano in mente le parole del Musical “Aquerò”, sull’incontro di Bernadette e Maria, in cui proprio Bernadette canta “perché hai cercato me, tra tanta gente al mondo, perché hai scelto me”

Beh è una domanda che mi sono posta anch’io.

La Madonna ci chiama e ci sceglie per andare da lei.

In questi anni mi sono accorta di quanto noi siamo egoisti.

Ci lamentiamo di cose che sono futili e spesso mettiamo come nostro Dio il denaro, il successo…

Ma andando a Lourdes si riscopre il vero valore della vita.

Il primo anno che effettuavo il servizio, una ragazza ligure, di circa 40 anni, malata gravemente mi disse di venire sotto la grotta per ringraziare Dio, perché la sua malattia era comparsa solo da qualche anno ed aveva avuto un’infanzia, un’adolescenza serena, si era poi sposata fino all’arrivo del male. E ringraziava Dio, quando vedeva bambini piccoli già malati. Ebbene in quel momento ho fatto un esame di coscienza sulla mia vita e su come spesso mi lagno inutilmente per cose che non sono importanti.

In quel momento ho realizzato che ho due gambe, sto bene e posso dare una mano a chi ne ha più bisogno.

Un’altra volta una mamma, una signora di 80 anni, in carrozzina per via degli acciacchi dell’età, mi disse di aver perso suo figlio con un incidente stradale e di venire a Lourdes perché non aveva mai superato quel dolore. Suo figlio era morto in un altro paese ed il suo corpo era tornato in Italia dopo un po’ di tempo e non lo aveva più rivisto. Per questo chiedeva aiuto a Maria perché lei aveva visto morire suo figlio sulla croce. Ricordo solo che era l’ultimo giorno del pellegrinaggio e con lei piansi ai piedi della Grotta prima di ripartire.

Un’altra storia che mi colpì, fu quella che mi raccontò una signora che accompagnavo alla via Crucis dei malati. Durante le stazioni, la donna mi raccontò di essere caduta da giovane, quando aveva le figlie molto piccole, da un albero mentre raccoglieva dei frutti e da allora aveva vissuto in carrozzina.

Le figlie si erano sposate, ma lei non le aveva mai potute abbracciare, prenderle in braccio ed essere presente nella vita di tutti i giorni come una mamma normale.

Eppure nei suoi occhi c’era tanta gioia di vivere, perché mi disse, sono viva e le ho viste crescere, e quello che ho potuto fare l’ho sempre fatto col cuore. Non ho le gambe buone è vero, ma il cuore c’è sempre e l’amore di una mamma è infinito. Anche lei veniva a Lourdes per chiedere alla Madonna la forza di andare avanti, anche ora che gli anni passavano e non voleva essere troppo di peso alla sua famiglia.

Anche qui con lei, soprattutto durante la XII Stazione, la Morte di Gesù in Croce, qualche lacrima è scesa.

E poi come non ricordare qualche ragazzo che da barelliere è passato ad indossare l’abito di sacerdote e che abbiamo rivisto in questa nuova veste dopo qualche anno: una grande emozione.

Un pensiero in particolare lo voglio dedicare alle prime capo-sala e capovetture sul treno che ho avuto. Il servizio in ospedale ed in treno dei volontari è coordinato da queste figure le capo-sala (capo-vetture) che hanno il compito di gestire al meglio il reparto che è stato loro affidato.

Le voglio ricordare perché mi sentivo impacciata, fuori luogo e loro, con santa pazienza, hanno preso per mano noi “novizie” e ci hanno spiegato cosa dovevamo fare, ma soprattutto come dovevamo farlo.

Da allora sono diventate delle vere e proprie “zie”, così le chiamo perché mihanno insegnato sul campo come svolgere il servizio, con tutte le sue difficoltà e soprattutto con tutte le paure da superare.

Già paura di non farcela ad aiutare queste persone meno fortunate e paura di non essere capace ad affrontare la malattia di queste persone. Malattia di ogni tipo che non risparmia nessuno, dai piccolissimi agli anziani. Tuttavia alcune volte è bastato solo un sorriso od una carezza, dire loro solo una parola o ascoltare le loro storie per donare felicità.

A distanza di anni cerco di tenere contatti e scrivere sia ai volontari che i malati perché su questi treni si fanno amicizie molto forti. Ed ogni anno l’agenda si arricchisce di telefoni, e mail, indirizzi e ne compro sempre una più grande per scrivere tutti quei nomi.

Inoltre è bello tornare a Lourdes proprio per rivedere quei visi che mi hanno accompagnato durante il pellegrinaggio precedente.

Infatti arrivare alla Stazione Ostiense e vedere gli stessi barellieri e sorelle è bellissimo. Per un anno non ci siamo più visti, ma è come se fosse passato solo un giorno.

Ogni volta è come fare insieme un tratto di strada che poi ricomincia col il pellegrinaggio successivo, un cammino che non finisce mai, come dicevo all’inizio.

Un percorso lungo che ci cambia profondamente.

Durante l’anno l’Unitalsi non si ferma. Ci sono le Case Famiglia, ed altri progetti che coinvolgono i volontari e che permettono di incontrarci nel nostro vivere quotidiano, cercando di conciliare il lavoro, lo studio con il volontariato.

Adesso vi lascio.

Aspetto il prossimo pellegrinaggio per rivivere questi momenti.

Maria Alessia

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