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Oggetti di un viaggio a Lourdes

Nella settecentesca Villa Vidua di Conzano (Al), sono esposti, fino a domenica 4 marzo, ventimila «Ricordini, oggetti di un viaggio a Lourdes», nella mostra «Souvenir».

Curata da Emanuele Demaria, è parte dell’eccezionale collezione di Stefano Mesturini (volontario dell’Oftal e socio dell’Hospitalité di Lourdes). Dell’esposizione si potrebbe proporre una lettura etno-antropologica o religiosa, un’indagine sul collezionismo come pratica della modernità, come ci hanno insegnato Walter Benjamin e Ernst Jünger.

Di fronte a questa raccolta così completa, tuttavia, il primo livello di lettura è quello estetico: è facile vedere il farsi storico degli stili iconografici e rappresentativi, il cambiamento espressivo e tecnologico che percorre un secolo e mezzo di simboli del sacro. Dalle sontuosità dei pizzi in carta che decorano le immaginette dell’Ottocento alle raffinatezze Liberty, alla plastica di un gadget dei nostri giorni.

In «Souvenir» si vede Lourdes come attraverso un caleidoscopio. Un cerchio d’oro da applicare all’estremità di un’immagine, per proteggerla. Un piccolo recipiente per bere, non un bicchiere comune, ma un minuscolo ed elegante calice con tanto di custodia d’argento.

Oggetti appartenuti ad alcune signorine della buona borghesia, altri, come uno splendida conchiglia per bere l’acqua santa, di quelle della nobiltà, in particolare della marchesa Radicati di Torino. Reliquie: i capelli di Bernadette, delle pietre della grotta in un’elegante vetrina Déco. Uno stereogramma in rosso seppia della piazza del Santuario trasformato in anaglifo per occhiali dotati di lenti rosso e blu. Le icone della devozione popolare testimoniano il valore antropologico.

Troviamo ancora medaglie e santini di Bernadette e della celebre statua dell’Immacolata realizzata da Joseph Fabisch nel 1864, circondati da rosari umili, altri preziosi.

Siamo lontani dal kitsch: questa collezione è un archivio di lacrime e di fede.

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