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5mila km da #Lourdes a #Fatima a #Santiago

Il pellegrinaggio in mountain bike di Erik: 5mila km per fede da Lourdes a Fatima a Santiago

Erik Ferrante, 37 anni, campobassano che vive tra il capoluogo e Montecilfone, è rientrato da un viaggio incredibile in bicicletta dopo quasi due mesi di pedalate dalle Alpi ai Pirenei. Ha attraversato quasi 5mila chilometri dal Molise alla Francia, alla Spagna e al Portogallo, incontrando centinaia di persone lungo il sentiero dei pellegrini e dedicando l’avventura al papà e al fratello Dominick, morto 12 anni fa in mare dopo aver salvato la fidanzata in acqua. “La cosa impagabile? Scoprire posti nuovi e vivere con semplicità per ritrovare la fede. Sono tornato più sereno” racconta, ammettendo che “Lourdes mi ha stregato” e che ha rischiato di doversi fermare per colpa di un toro imbizzarrito: “Sono stato costretto a lanciargli contro la bicicletta, ma il proprietario mi ha ripagato i danni e ho proseguito”. Ora un nuovo obiettivo: la Patagonia e il Messico. Naturalmente in bicicletta.

Il 23 luglio 2017 ha salutato l’Italia ed è partito verso nord in sella alla sua bicicletta. Anzi, non scherziamo: mountain bike. «Perché con la mountain bike puoi fare tantissime cose, è un mezzo diverso dalla bici, che ti permette di addentrarti nella natura, arrivare in posti incredibili, muoverti su percorsi accidentati e scalare le montagne» spiega Erik Ferrante, 37 anni, attualmente disoccupato.

Lui, molisano che vive fra Campobasso e Montecilfone, dove ha una compagna («Giorgia Vetta, che ringrazio per la vicinanza, il sostegno, l’amore»), insegna mountain bike e elabora percorsi su due ruote che consentono di godere di paesaggi mozzafiato in Molise. «Mi trovo più a mio agio sul sellino che al volante di un’auto» ammette. Forse perché la bici la conosce da quando era bambino e col papà Domenico, famoso ginecologo del Cardarelli di Campobasso morto nel 2009, ha trascorso una infinità di estati in giro sul camper con mountain bike a portata di piede. «Siamo stati insieme a Lourdes, Fatima e Santiago. I posti dove sono tornato ora».

Con la differenza che, in quest’ultimo caso, Erik Ferrante si è lasciato alle spalle qualsiasi comodità da turista, fosse anche del turista in camper, per fare il pellegrino. Zaino in spalla e borse agganciate al suo velocipede con sacco a pelo, borracce di acqua, qualche pacco di pasta (molisana) con la gavetta per pranzare all’aperto. «Non ho rinunciato a mangiare italiano, nei limiti del possibile ovviamente».

Davanti a lui la strada, sopra di lui un sole che spaccava le pietre il giorno e la perfezione del cielo stellato di notte. Nel cuore l’immagine del fratello Dominick, morto dodici anni fa a Ostia in mare. Ha salvato la sua ragazza dalla morte per annegamento, ma la vita l’ha persa lui, al quale a Campobasso è anche dedicato un premio di poesia. «Questo viaggio è stato dedicato a mio fratello e mio padre, morti entrambi ma sempre qui – si batte il petto – nel mio cuore. Un viaggio fatto di fede, e lo dico io che sono un credente sui generis».

Erik Ferrante è anche un ciclista sui generis. Che ha rinunciato ad alternare la fatica della pedalata al confort del riposo. «Ho vissuto con massimo 15 euro al giorno, scegliendo i cammini dei pellegrini perlopiù e dormendo fuori, all’aperto, tra il sacco a pelo, la tende e la mia amaca, con pochissime eccezioni» racconta con un guizzo di entusiasmo in volto ripensando all’avventura che lo ha portato a conoscere, nell’arco di sette settimane, «almeno 400 persone, quasi tutte disponibili, alcune delle quali si sono rivelate splendide sorprese».

Il suo, 5mila chilometri fra andata e ritorno, non è il solito viaggio, pure avventuroso e ricco di imprevisti. «Ho fatto il pellegrino» dice, ricordando tra migliaia di fotografie e video finiti su facebook in una sorta di voluminoso “diario di bordo” le tappe che lo hanno segnato. «Lourdes, prima di tutto. Un posto incredibile, pieno di spiritualità, dove mi sono fermato a pregare, dove ho incrociato qualcosa che mi ha scosso in profondità».
E poi Santiago, «dove ero già stato altre due volte, ma mai in questo modo», e Fatima, la terra portoghese dei tre pastorelli e delle apparizioni della Vergine. Un percorso su sentieri fuori dalle grandi strade e dai circuiti tradizionali, fatto di tanta fatica, «soprattutto sulle Alpi e sui Pirenei, dove non potevo mantenere la media di 150 chilometri al giorno, sarei morto…» ma anche, rivela, di «enormi soddisfazioni, di avventure e disavventure che hanno reso indimenticabile questa esperienza».

Come l’incontro ravvicinato con un toro imbizzarrito in Andalusia, dal quale si è salvato grazie all’intuizione di scagliargli contro la bicicletta. «Mi ha salvato la bici, lo ammetto» sorride, lui che la paura la domina con l’esperienza del viaggiatore solitario e un rispetto per la natura che abitualmente lo mette al riparo dalle brutte sorprese perché, dice, «il vero problema di quando sei solo non sono gli animali selvatici, sono i malintenzionati. Ma io sono stato fortunato, ho conosciuto solo persone cortesi che mi hanno aiutato».

ra queste anche il padrone del toro che avrebbe potuto incornarlo quando, a fine agosto e a 30 chilometri da Siviglia, se l’è ritrovato davanti su una salita riservata a pedoni e mezzi dove l’animale non sarebbe dovuto essere.

«Era fuggito dal recinto, l’ho visto che si avvicinava sempre di più, il muso basse, le corna in avanti. Che ho fatto? Ho aspettato fino alla fine, poi gli ho lanciato contro la mountain bike e sono balzato di lato, togliendomi dalla sua visuale».Il colpo di fortuna è arrivato in quel momento: «Un secondo toro è uscito dal recinto e lo ha seguito. I due animali si sono allontanati insieme, imbizzarriti, hanno sfondato due auto».
La povera bicicletta se l’è vista brutta. «Però – rivela Erik – il padrone del toro, Victor Perez in arte Toros, famoso torero della zona, mi ha ospitato in un ostello a sue spese per 5 giorni nell’attesa che arrivasse un telaio nuovo, comprato da lui per ripagare i danni dei suoi animali. Questo mi ha permesso di riprendere il viaggio, proseguire».

E che viaggio. Cinquemila chilometri tra andata e ritorno, vita parca e contatto strettissimo con la natura. Risvolti eco: «Niente sfizi, uso della plastica limitatissimo, praticamente zero». E’ tornato a metà settembre con una grande carica di emozioni in più e 10 chili in meno. «Di sicuro, tra bicicletta per svariate ore al giorno, una media di 150 chilometri percorsi ogni giorno, cucina necessariamente dietetica, non potevo ingrassare..».

Dal Molise i suoi amici hanno seguito il viaggio tramite facebook, il social sul quale ha raccontato passo passo, meta dopo meta, tappa dopo tappa, l’avventura su due ruote, alla quale ha fornito un contributo Ruota+. Un caricatore a energia solare e un cellulare ultima generazione «che mi ha regalato Giorgia prima di partire. Ci siamo tenuti in contatto costantemente, mi è stata molto vicina». Erik Ferrante è tornato a casa, nel Molise dove conosce più i sentieri rurali che le Statali, sereno. «Mi sento meglio, è stato un grande arricchimento». Ma, da bravo viaggiatore, ha già una nuova sfida nel cassetto: Patagonia e Messico. Naturalmente in bicicletta, anzi, in mountain bike. Fonte articolo

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